Comunicato Stampa

Primi risultati dai telescopi dell'ESO dopo l'impatto di DART con un asteroide

21 Marzo 2023

Usando il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO, due diversi gruppi di astronomi hanno osservato le conseguenze della collisione tra il veicolo spaziale DART (Double Asteroid Redirection Test) della NASA e l'asteroide Dimorphos. L'impatto controllato è stato un test di difesa planetaria, ma ha anche offerto agli astronomi un'opportunità unica per conoscere meglio la composizione dell'asteroide analizzando il materiale espulso.

Il 26 settembre 2022 il veicolo spaziale DART si è scontrato con l'asteroide Dimorphos per effettuare un test controllato delle nostre capacità di deflessione degli asteroidi. L'impatto è avvenuto a 11 milioni di chilometri dalla Terra, abbastanza vicino da poter essere osservato in dettaglio con molti telescopi. Tutti e quattro i telescopi da 8,2 metri del VLT dell'ESO in Cile hanno osservato le conseguenze dell'impatto e i primi risultati di queste osservazioni del VLT sono stati pubblicati in due articoli.

"Gli asteroidi sono tra i resti più essenziali del materiale da cui sono stati creati tutti i pianeti e le lune del Sistema Solare", afferma Brian Murphy, studente di dottorato presso l'Università di Edimburgo nel Regno Unito e coautore di uno dei lavori. Studiare la nube di materiale espulso dopo l'impatto di DART può quindi dirci come si è formato il Sistema Solare. "Gli impatti tra asteroidi avvengono naturalmente, ma non lo si sa mai in anticipo", continua Cyrielle Opitom, astronoma all'Università di Edimburgo e autrice principale di uno degli articoli. "DART è davvero una grande opportunità per studiare un impatto controllato, quasi come in laboratorio."

Opitom e il suo gruppo hanno seguito l'evoluzione della nube di detriti per un mese con lo strumento MUSE (Multi Unit Spectroscopic Explorer) installato sul VLT dell'ESO. Hanno scoperto che la nube espulsa era più blu dell'asteroide stesso prima dell'impatto, indicando che avrebbe potuto essere composta da particelle molto fini. Nelle ore e nei giorni che seguirono l'impatto si svilupparono altre strutture: ciuffi, spirali e una lunga coda allontanata dalla radiazione solare. Le spirali e la coda erano più rosse della nube iniziale e quindi avrebbero potuto essere costituite da particelle più grandi.

MUSE ha permesso al team di Opitom di scomporre la luce della nube come fosse un arcobaleno e di cercare le impronte chimiche di diversi gas. In particolare, hanno cercato ossigeno e acqua provenienti dal ghiaccio esposto dall'impatto. Ma non hanno trovato niente. "Non ci si aspetta che gli asteroidi contengano quantità significative di ghiaccio, quindi anche rilevare una qualsiasi traccia di acqua sarebbe stata una vera sorpresa", spiega Opitom. Hanno anche cercato tracce del propellente della navicella DART, ma non ne hanno trovate. “Sapevamo che era un azzardo”, aggiunge, “poiché la quantità di gas rimasta nei serbatoi dal sistema di propulsione non avrebbe dovuto essere enorme. Inoltre, una parte di questo avrebbe potuto arrivare troppo lontano per essere rilevata con MUSE quando abbiamo iniziato a osservare"

Un altro gruppo, guidato da Stefano Bagnulo, astronomo dell'Armagh Observatory and Planetarium nel Regno Unito, ha studiato come l'impatto di DART abbia alterato la superficie dell'asteroide.

Quando osserviamo gli oggetti nel Sistema Solare, stiamo osservando la luce solare diffusa dalla loro superficie o dalla loro atmosfera, che diventa parzialmente polarizzata”, spiega Bagnulo. Ciò significa che le onde luminose oscillano lungo una direzione preferita piuttosto che in modo casuale. "Tracciare come cambia la polarizzazione con l'orientamento dell'asteroide rispetto a noi e al Sole ne rivela la struttura e la composizione della superficie".

Bagnulo e i suoi colleghi hanno utilizzato lo strumento FORS2 (FOcal Reducer/low dispersion Spectrograph 2) installato sul VLT per monitorare l'asteroide e hanno scoperto che il livello di polarizzazione è sceso improvvisamente dopo l'impatto. Allo stesso tempo, la luminosità complessiva del sistema è aumentata. Una possibile spiegazione è che l'impatto abbia esposto più materiale incontaminato dall'interno dell'asteroide. “Forse il materiale scavato dall'impatto era intrinsecamente più luminoso e meno polarizzante del materiale in superficie, perché non è mai stato esposto al vento e alla radiazione solari”, dice Bagnulo.

Un'altra possibilità è che l'impatto abbia distrutto le particelle sulla superficie, espellendo così quelle molto più piccole nella nube di detriti. "Sappiamo che, in determinate circostanze, i frammenti più piccoli sono più efficienti nel riflettere la luce e meno efficienti nel polarizzarla", spiega Zuri Gray, altro studente di dottorato all'Armagh Observatory and Planetarium.

Gli studi dei gruppi guidati da Bagnulo e Opitom mostrano le potenzialità del VLT quando i suoi diversi strumenti lavorano insieme. Infatti, oltre a MUSE e FORS2, le conseguenze dell'impatto sono state osservate con altri due strumenti del VLT e l'analisi di questi dati è ancora in corso. “Questa ricerca ha sfruttato un'opportunità unica, quando la NASA ha colpito un asteroide”, conclude Opitom, “quindi non può essere ripetuta da nessuna struttura futura. Questo rende i dati ottenuti con il VLT nel momento dell'impatto estremamente preziosi quando si tratta di comprendere meglio la natura degli asteroidi".

Ulteriori Informazioni

La ricerca descritta nella prima parte del comunicato stampa è stata raccolta nell'articolo “Morphology and spectral properties of the DART impact ejecta with VLT/MUSE” pubblicato su Astronomy & Astrophysics (doi:10.1051/0004-6361/202345960). La seconda parte invece si riferisce all'articolo “Optical spectropolarimetry of binary asteroid Didymos-Dimorphos before and after the DART impact” pubblicato su Astrophysical Journal Letters (doi:10.3847/2041-8213/acb261).

L'equipe che ha condotto il primo studio è composta da C. Opitom (Institute for Astronomy, University of Edinburgh, Regno Unito [Edinburgh]), B. Murphy (Edinburgh), C. Snodgrass (Edinburgh), S. Bagnulo (Armagh Observatory & Planetarium, Regno Unito [Armagh]), S. F. Green (School of Physical Sciences, The Open University, Regno Unito), M. M. Knight (United States Naval Academy, USA), J. de Léon (Instituto de Astrofísica de Canarias, Spagna), J.-Y. Li (Planetary Science Institute, USA), e D. Gardener (Edinburgh).

L'equipe del secondo studio è composta da S. Bagnulo (Armagh), Z. Gray (Armagh), M. Granvik (Department of Physics, University of Helsinki, Finlandoia [Helsinki]; Asteroid Engineering Laboratory, Luleå University of Technology, Svezia), A. Cellino (INAF – Osservatorio Astrofisico di Torino, Italia), L. Kolokolova (Department of Astronomy, University of Maryland, USA), K. Muinonen (Helsinki), O. Muñoz (Instituto de Astrofísica de Andalucía, CSIC, Spagna), C. Opitom (Edinburgh), A. Penttila (Helsinki), e Colin Snodgrass (Edinburgh).

Il laboratorio Johns Hopkins Applied Physics Lab ha costruito e coordinato le operazione del veiocolo spaziale DART e gestisce la missione DART per conto e come progetto dell'Ufficio per la coordinazione della difesa planetaria (Planetary Defense Coordination Office) della NASA. LICIACube è un progetto dell'Agenzia Spaziale Italiana (ASI), eseguito da Argotec. Per ulteriori informazioni sulla missione DART, si consultino i siti: https://www.nasa.gov/dart o https://dart.jhuapl.edu.

L'ESO (European Southern Observatory o Osservatorio Europeo Australe) consente agli scienziati di tutto il mondo di scoprire i segreti dell'Universo a beneficio di tutti. Progettiamo, costruiamo e gestiamo da terra osservatori di livello mondiale - che gli astronomi utilizzano per affrontare temi interessanti e diffondere il fascino dell'astronomia - e promuoviamo la collaborazione internazionale per l'astronomia. Fondato come organizzazione intergovernativa nel 1962, oggi l'ESO è sostenuto da 16 Stati membri (Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Finlandia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia e Svizzera), insieme con il paese che ospita l'ESO, il Cile, e l'Australia come partner strategico. Il quartier generale dell'ESO e il Planetario e Centro Visite Supernova dell'ESO si trovano vicino a Monaco, in Germania, mentre il deserto cileno di Atacama, un luogo meraviglioso con condizioni uniche per osservare il cielo, ospita i nostri telescopi. L'ESO gestisce tre siti osservativi: La Silla, Paranal e Chajnantor. Sul Paranal, l’ESO gestisce il VLT (Very Large Telescope) e il VLTI (Very Large Telescope Interferometer), così come telescopi per survey come VISTA. Sempre a Paranal l'ESO ospiterà e gestirà la schiera meridionale di telescopi di CTA, il Cherenkov Telescope Array Sud, il più grande e sensibile osservatorio di raggi gamma del mondo. Insieme con partner internazionali, l’ESO gestisce APEX e ALMA a Chajnantor, due strutture che osservano il cielo nella banda millimetrica e submillimetrica. A Cerro Armazones, vicino a Paranal, stiamo costruendo "il più grande occhio del mondo rivolto al cielo" - l'ELT (Extremely Large Telescope, che significa Telescopio Estremamente Grande) dell'ESO. Dai nostri uffici di Santiago, in Cile, sosteniamo le operazioni nel paese e collaboriamo con i nostri partner e la società cileni.

La traduzione dall'inglese dei comunicati stampa dell'ESO è un servizio dalla Rete di Divulgazione Scientifica dell'ESO (ESON: ESO Science Outreach Network) composta da ricercatori e divulgatori scientifici da tutti gli Stati Membri dell'ESO e altri paesi. Il nodo italiano della rete ESON è gestito da Anna Wolter.

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Contatti

Cyrielle Opitom
School of Physics and Astronomy, University of Edinburgh
Edinburgh, United Kingdom
Tel.: +44 (0)131 668 8350
E-mail: copi@roe.ac.uk

Zuri Gray
Armagh Observatory and Planetarium
Armagh, United Kingdom
Tel.: +353831185135
E-mail: zuri.gray@armagh.ac.uk

Juan Carlos Muñoz Mateos
ESO Media Officer
Garching bei München, Germany
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Cell.: +49 151 241 664 00
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Anna Wolter (press contact Italia)
Rete di divulgazione scientifica dell'ESO e INAF-Osservatorio Astronomico di Brera
Milano, Italy
Tel.: +39 02 72320321
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Questa è una traduzione del Comunicato Stampa dell'ESO eso2303.

Sul Comunicato Stampa

Comunicato Stampa N":eso2303it
Nome:Didymos, Dimorphos
Facility:Very Large Telescope
Instruments:FORS2, MUSE
Science data:2023ApJ...945L..38B
2023A&A...671L..11O

Immagini

This image shows a total of 16 small images in a four by four grid, each taken on a different date. At the centre of each image is a light blue fuzzy dot over a black background. In the first image the dot is surrounded by a diffuse halo, which morphs into different structures before eventually becoming a long tail pointing towards the right in the last image.
Evolution of the cloud of debris around Dimorphos and Didymos after the DART impact
soltanto in inglese
This greyscale image shows an asteroid with a rocky texture over a black background. In the centre of the asteroid there is an impact crater. Streaks of ejected debris emanate from the crater, forming a filamentary halo of debris around the asteroid.
Artist’s impression of the aftermath of the DART impact on Dimorphos
soltanto in inglese

Video

Evolution of the cloud of debris around Dimorphos and Didymos after the DART impact
Evolution of the cloud of debris around Dimorphos and Didymos after the DART impact
soltanto in inglese
How did the polarisation of light change after the DART spacecraft collided with the asteroid Dimorphos?
How did the polarisation of light change after the DART spacecraft collided with the asteroid Dimorphos?
soltanto in inglese

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