Comunicato Stampa

Trovato il buco nero più distante che sta inghiottendo una stella

30 Novembre 2022

All'inizio di quest'anno, il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO (European Southern Observatory) ha ricevuto un'allerta quando un'insolita sorgente di luce visibile è stata rilevata da un telescopio per survey. Il VLT, insieme con altri telescopi, è stato rapidamente riposizionato verso la sorgente: un buco nero supermassiccio in una galassia lontana che aveva divorato una stella, espellendo gli avanzi del pasto in un getto. Il VLT ha stabilito che questo è l'esempio più lontano mai osservato di un evento di questo tipo. Poiché il getto punta quasi direttamente verso di noi, questa è anche la prima volta che viene scoperto in luce visibile, fornendo un nuovo modo di rilevare questi eventi estremi.

Le stelle che si avvicinano troppo a un buco nero vengono fatte a pezzi dalle incredibili forze mareali del buco nero producendo quello che viene chiamato evento di distruzione mareale o TDE (dall'inglese Tidal Disruption Event). Circa l'1% di questi eventi provoca l'espulsione di getti di plasma e radiazioni dai poli del buco nero in rotazione. Nel 1971, il pioniere dello studio dei buchi neri John Wheeler [1] introdusse il concetto di TDE con il getto (jetted-TDE) paragonandolo a "un tubetto di dentifricio afferrato al centro", così che il sistema "spruzzasse materia da entrambe le estremità".

"Abbiamo visto finora solo una manciata di questi TDE con getto e rimangono eventi molto esotici e poco conosciuti", afferma Nial Tanvir dell'Università di Leicester nel Regno Unito, che ha guidato le osservazioni per determinare la distanza dell'oggetto con il VLT. Gli astronomi sono quindi costantemente alla ricerca di questi eventi estremi per capire come vengono effettivamente creati i getti e perché una frazione così piccola di TDE li produca.

Nell'ambito di questa ricerca, molti telescopi, incluso lo Zwicky Transient Facility (ZTF) negli Stati Uniti, osservano ripetutamente il cielo alla ricerca di segni di eventi di breve durata, spesso estremi, che possono essere successivamente studiati in modo molto più dettagliato da telescopi come il VLT dell'ESO in Cile. "Abbiamo sviluppato un sistema open-source per l'analisi dei dati per archiviare ed estrarre informazioni importanti dalla survey ZTF e avvisarci in tempo reale quando si presenta un evento atipico", spiega Igor Andreoni, astronomo dell'Università del Maryland negli Stati Uniti che ha co-diretto l'articolo pubblicato oggi su Nature insieme a Michael Coughlin dell'Università del Minnesota.

Nel febbraio di quest'anno lo ZTF ha rilevato una nuova sorgente di luce visibile. L'evento, chiamato AT2022cmc, ricordava un lampo di raggi gamma, la più potente fonte di luce nell'Universo. La prospettiva di assistere a questo raro fenomeno ha spinto gli astronomi ad attivare diversi telescopi in tutto il mondo per osservare la sorgente sconosciuta in modo più dettagliato. Tra questi, il VLT dell'ESO, che ha rapidamente osservato questo nuovo evento con lo strumento X-shooter. I dati del VLT hanno collocato la sorgente a una distanza senza precedenti per questi eventi: la luce prodotta da AT2022cmc ha iniziato il suo viaggio quando l'universo aveva circa un terzo della sua età attuale.

Un'ampia varietà di luce, dai raggi gamma ad alta energia alle onde radio, è stata raccolta da 21 telescopi in tutto il mondo. L'equipe ha confrontato questi dati con diversi tipi di eventi noti, dal collasso delle stelle alle kilonove. Ma l'unico scenario che corrispondeva ai dati era un raro TDE con getto che puntava verso di noi. Giorgos Leloudas, astronomo al DTU Space in Danimarca e coautore di questo articolo, spiega che "poiché il getto relativistico punta verso di noi, l'evento ci appare molto più luminoso di quanto sarebbe altrimenti e risulta visibilein una banda più ampia dello spettro elettromagnetico."

La misura della distanza ottenuta dal VLT ha trovat che AT2022cmc è il TDE più distante mai scoperto, ma questo non è l'unico aspetto da record di questo oggetto. "Finora, i TDE con getto, per quanto pochi, sono stati inizialmente scoperti utilizzando telescopi per alta energia, raggi gamma e raggi X, ma questa è stata la prima scoperta di un evento nell'ambito di una survey ottica", conclude Daniel Perley, astronomo presso Liverpool John Moores University nel Regno Unito e coautore dell'articolo. Ciò dimostra la possibiità di usare un nuovo modo per scovare TDE con getto, che consente un ulteriore studio di questi rari eventi e degli ambienti estremi che circondano i buchi neri.

Note

[1] Si ritiene che John Archibald Wheeler abbia coniato il termine "buco nero" in un discorso del 1967 alla NASA.

Ulteriori Informazioni

Questo risultato è stato presentato nell'articolo intitolato “A very luminous jet from the disruption of a star by a massive black hole” pubblicato da Nature (doi: 10.1038/s41586-022-05465-8)

L'equipe è composta da Igor Andreoni (Joint Space-Science Institute, University of Maryland, USA [JSI/UMD]; Department of Astronomy, University of Maryland, USA [UMD]; Astrophysics Science Division, NASA Goddard Space Flight Center [NASA/GSFC], USA), Michael W. Coughlin (School of Physics and Astronomy, University of Minnesota, USA), Daniel A. Perley (Astrophysics Research Institute, Liverpool John Moores University, Regno Unito), Yuhan Yao (Division of Physics, Mathematics and Astronomy, California Institute of Technology, USA [Caltech]), Wenbin Lu (Department of Astrophysical Sciences, Princeton University, USA), S. Bradley Cenko (JSI/UMD; NASA/GSFC), Harsh Kumar (Indian Institute of Technology Bombay, India [IIT/Bombay]), Shreya Anand (Caltech), Anna Y. Q. Ho (Department of Astronomy, University of California, Berkeley, USA [UCB]; Lawrence Berkeley National Laboratory, USA [LBNL]; Miller Institute for Basic Research in Science, USA), Mansi M. Kasliwal (Caltech), Antonio de Ugarte Postigo (Université Côte d’Azur, Observatoire de la Côte d’Azur, Francia), Ana Sagués-Carracedo (The Oskar Klein Centre, Stockholm University, Svezia [OKC]), Steve Schulze (OKC), D. Alexander Kann (Instituto de Astrofisica de Andalucia, Glorieta de la Astronomia, Spagna [IAA-CSIC]), S. R. Kulkarni (Caltech), Jesper Sollerman (OKC), Nial Tanvir (Department of Physics and Astronomy, University of Leicester, Regno Unito), Armin Rest (Space Telescope Science Institute, Baltimore, USA [STScI]; Department of Physics and Astronomy, The Johns Hopkins University, USA), Luca Izzo (DARK, Niels Bohr Institute, University of Copenhagen, Danimarca), Jean J. Somalwar (Caltech), David L. Kaplan (Center for Gravitation, Cosmology and Astrophysics, Department of Physics, University of Wisconsin–Milwaukee, USA), Tomás Ahumada (UMD), G. C. Anupama (Indian Institute of Astrophysics, Bangalore, India [IIA]), Katie Auchettl (School of Physics, University of Melbourne, Australia; ARC Centre of Excellence for All Sky Astrophysics in 3 Dimensions; Department of Astronomy and Astrophysics, University of California, Santa Cruz, USA), Sudhanshu Barway (IIA), Eric C. Bellm (DIRAC Institute, University of Washington, USA), Varun Bhalerao (IIT/Bombay), Joshua S. Bloom (LBNL; UCB), Michael Bremer (Institut de Radioastronomie Millimetrique, Francia [IRAM]), Mattia Bulla (OKC), Eric Burns (Department of Physics & Astronomy, Louisiana State University, USA), Sergio Campana (INAF-Osservatorio Astronomico di Brera, Italia), Poonam Chandra (National Centre for Radio Astrophysics, Tata Institute of Fundamental Research, Pune University, India), Panos Charalampopoulos (DTU Space, National Space Institute, Technical University of Denmark, Danimarca [DTU]), Jeff Cooke (Australian Research Council Centre of Excellence for Gravitational Wave Discovery, Swinburne University of Technology, Hawthorn, Australia [OzGrav]; Centre for Astrophysics and Supercomputing, Swinburne University of Technology, Australia [CAS]), Valerio D’Elia (Space Science Data Center - Agenzia Spaziale Italiana, Italia), Kaustav Kashyap Das (Caltech), Dougal Dobie (OzGrav; CAS), Jose Feliciano Agüí Fernández (IAA-CSIC), James Freeburn (OzGrav; CAS), Cristoffer Fremling (Caltech), Suvi Gezari (STScI), Matthew Graham (Caltech), Erica Hammerstein (UMD), Viraj R. Karambelkar (Caltech), Charles D. Kilpatrick (Center for Interdisciplinary Exploration and Research in Astrophysics, Northwestern University, USA), Erik C. Kool (OKC), Melanie Krips (IRAM), Russ R. Laher (IPAC, California Institute of Technology, USA [IPAC]), Giorgos Leloudas (DTU), Andrew Levan (Department of Astrophysics, Radboud University, Paesi Bassi), Michael J. Lundquist (W. M. Keck Observatory, USA), Ashish A. Mahabal (Caltech; Center for Data Driven Discovery, California Institute of Technology, USA), Michael S. Medford (UCB; LBNL), M. Coleman Miller (JSI/UMD; UMD), Anais Möller (OzGrav; CAS), Kunal Mooley (Caltech), A. J. Nayana (Indian Institute of Astrophysics, India), Guy Nir (UCB), Peter T. H. Pang (Nikhef, Paesi Bassi; Institute for Gravitational and Subatomic Physics, Utrecht University, Paesi Bassi), Emmy Paraskeva (IAASARS, National Observatory of Athens, Grecia; Department of Astrophysics, Astronomy & Mechanics, University of Athens, Grecia; Nordic Optical Telescope, Spagna; Department of Physics and Astronomy, Aarhus University, Danimarca), Richard A. Perley (National Radio Astronomy Observatory, USA), Glen Petitpas (Center for Astrophysics | Harvard & Smithsonian, Cambridge, USA), Miika Pursiainen (DTU), Vikram Ravi (Caltech), Ryan Ridden-Harper (School of Physical and Chemical Sciences — Te Kura Matu, University of Canterbury, Nuova Zelanda), Reed Riddle (Caltech Optical Observatories, California Institute of Technology, USA), Mickael Rigault (Université de Lyon, Francia), Antonio C. Rodriguez (Caltech), Ben Rusholme (IPAC), Yashvi Sharma (Caltech), I. A. Smith (Institute for Astronomy, University of Hawaii, USA), Robert D. Stein (Caltech), Christina Thöne (Astronomical Institute of the Czech Academy of Sciences, Repubblica Ceca), Aaron Tohuvavohu (Department of Astronomy and Astrophysics, University of Toronto, Canada), Frank Valdes (National Optical Astronomy Observatory, USA), Jan van Roestel (Caltech), Susanna D. Vergani (GEPI, Observatoire de Paris, PSL Research University, Francia; Institut d’Astrophysique de Paris, Francia), Qinan Wang (STScI), Jielai Zhang (OzGrav; CAS).

L'ESO (European Southern Observatory o Osservatorio Europeo Australe) consente agli scienziati di tutto il mondo di scoprire i segreti dell'Universo a beneficio di tutti. Progettiamo, costruiamo e gestiamo da terra osservatori di livello mondiale - che gli astronomi utilizzano per affrontare temi interessanti e diffondere il fascino dell'astronomia - e promuoviamo la collaborazione internazionale per l'astronomia. Fondato come organizzazione intergovernativa nel 1962, oggi l'ESO è sostenuto da 16 Stati membri (Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Finlandia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia e Svizzera), insieme con il paese che ospita l'ESO, il Cile, e l'Australia come partner strategico. Il quartier generale dell'ESO e il Planetario e Centro Visite Supernova dell'ESO si trovano vicino a Monaco, in Germania, mentre il deserto cileno di Atacama, un luogo meraviglioso con condizioni uniche per osservare il cielo, ospita i nostri telescopi. L'ESO gestisce tre siti osservativi: La Silla, Paranal e Chajnantor. Sul Paranal, l’ESO gestisce il VLT (Very Large Telescope) e il VLTI (Very Large Telescope Interferometer), così come telescopi per survey come VISTA. Sempre a Paranal l'ESO ospiterà e gestirà la schiera meridionale di telescopi di CTA, il Cherenkov Telescope Array Sud, il più grande e sensibile osservatorio di raggi gamma del mondo. Insieme con partner internazionali, l’ESO gestisce APEX e ALMA a Chajnantor, due strutture che osservano il cielo nella banda millimetrica e submillimetrica. A Cerro Armazones, vicino a Paranal, stiamo costruendo "il più grande occhio del mondo rivolto al cielo" - l'ELT (Extremely Large Telescope, che significa Telescopio Estremamente Grande) dell'ESO. Dai nostri uffici di Santiago, in Cile, sosteniamo le operazioni nel paese e collaboriamo con i nostri partner e la società cileni.

La traduzione dall'inglese dei comunicati stampa dell'ESO è un servizio dalla Rete di Divulgazione Scientifica dell'ESO (ESON: ESO Science Outreach Network) composta da ricercatori e divulgatori scientifici da tutti gli Stati Membri dell'ESO e altri paesi. Il nodo italiano della rete ESON è gestito da Anna Wolter.

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Questa è una traduzione del Comunicato Stampa dell'ESO eso2216.

Sul Comunicato Stampa

Comunicato Stampa N":eso2216it
Nome:AT2022cmc
Tipo:Early Universe : Star : Evolutionary Stage : Black Hole
Facility:Very Large Telescope
Instruments:X-shooter
Science data:2022Natur.612..430A

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Rappresentazione artistica di un buco nero che sta inghiottendo una stella
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Animazione di un buco nero che sta inghiottendo una stella
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